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22 febbraio 2009 1 commento

                                                                                                                                                                                              Ninfe arboree, le Driadi

 

Creature meravigliose, Anime di Alberi antichi.
Talvolta sembrano lasciare la loro casa eterna, sotto la corteccia degli Alberi del Bosco, per apparire un istante agli occhi degli umani, palesandosi a chi sa vedere al di là del Velo.
E in quell’esatto momento possono sembrare bagliori di luce soffusi e dorati, o bellissime donne danzanti, candide ed eteree, Signore dagli abiti silvestri, come nei racconti e nelle leggende.Sono Driadi, le Guardiane di ogni singolo Albero, unite nell’essere Anima di Bosco: molte, ognuna Custode della propria pianta, Unite per essere Una.
Sono lo Spirito selvaggio che protegge ogni creatura arborea e la sua specie, le sue peculiarità, il suo genio e la sua forza, e tutte insieme, protettrici del Bosco.
Forse sono proprio loro quelle auree luminose che si avvertono quando ci si avvicina ai tronchi secolari, quel fremito di energia vitale, quel soffio di pura forza che scuote tutto il corpo abbracciato alla corteccia.
Forse davvero le Ninfe arboree sono lì, pulsanti e presenti, talvolta tenere nei confronti di chi osa avvicinarsi, spesso invece incollerite, respingono le anime che non gradiscono.
E tu che ci provi, tu che ti avvicini incantato a loro, puoi avvertire il loro stato d’animo nei tuoi confronti, la loro singola diversità, a volte la loro comunanza di specie. La loro avversione o paura, ma più spesso la loro potenza e l’equilibrio di chi ha visto ogni cosa.
In effetti sensazioni non dissimili possono cogliere chi cerca di avvicinarsi agli Alberi della stessa specie, con qualche differenza individuale dovuta all’Intento, inducendo ad accorgersi di “sentire” in modo particolare Alberi dello stesso Bosco, oppure di avvertire sensazioni differenti in diverse zone della foresta.
Molto dipende da come ci si pone, dall’Intento, da quello che portiamo nel cuore in quel momento preciso in cui sentiamo il loro calore, dal Tempo che ci concediamo per capire cosa sta succedendo intorno alla chioma verde e alla fredda corteccia, se chiudiamo gli occhi per ascoltare, se non cerchiamo di possedere, di trovare prove fasulle d’esistenza o addirittura prevaricare chi la sa molto più lunga di noi…

Tornando alle Entità boschive, molti furono i nomi con cui le chiamarono i popoli, ma la più precisa classificazione fu forse quella greca, che prevedeva distinzione fra Ninfe del Noce, Cariatidi, Mèliale, le Ninfe del Melo, Meliae, quelle del Frassino, per citarne alcune; e le Driadi, Ninfe arboree della Quercia. Su questa classificazione Fred Hageneder, autore del libro Lo Spirito degli Alberi, sottolinea: “Le meliae sono le ninfe dei singoli Frassini, vivono e muoiono con essi, mentre Melia è l’archetipo eterno del Frassino. E’ lo spirito collettivo, immortale e senza tempo.”*
In effetti il nome “Driade” venne poi utilizzato nei secoli per chiamare tutte queste creature Custodi degli Alberi. Ma d’altronde, molto altro si perse nel corso del Tempo, e molti Alberi sacri, insieme agli antichi rituali, venero abbattuti.
Eppure le distinzioni botaniche fra gli alberi, la loro capacità di essere diversi, capaci di azioni differenti, di curare o avvelenare, di proteggere o bruciare, dovrebbe indurci a pensare che queste creature siano fra loro differenti. Un unico nome non basta.
Proviamo a pensare al Frassino, per fare un esempio fra molti: è un albero avido di nutrimento, che in genere tende a sottrarre sostanze utili anche alle piante vicine, facendo morire ciò che ha intorno.
Se immaginiamo Melia, la capostipite e Custode di ogni Frassino, o il Frassino stesso, essa ci appare come una creatura volitiva, energica, giovanile e entusiasta (dimostrato anche dalla sua volontà di innalzarsi per cercare più luce possibile, sopravvivenza pura), profondamente diversa da una Driade, Custode della Quercia.
La Driade della Quercia è una donna materna e paziente, antica e generosa, che offre nutrimento e riparo a tantissimi selvatici, uccelli e roditori, insetti e piante, come l’amato Vischio che si ciba della sua linfa vitale.
Nella lettura della meravigliosa e poetica fiaba Madre Sambuco di Andersen, troviamo una Ninfa speciale: rappresenta lo Spirito del Sambuco, attraverso un bimbo e il suo sogno, e appare nella fiaba come la Custode ancestrale di un albero nato da un fiore in una teiera, proprio davanti agli occhi stupiti del piccolo. E’ una Creatura protettiva, capace di ridare la fanciullezza a chi sa accogliere il suo abbraccio. Un Sambuco, senza dubbio.
Ogni specie un Anima, uno Spirito differente. Ogni albero, così come ogni animale o pietra,
Unico, ma parte di Una sola luce che fa splendere il mondo.
La leggenda narra che in tempi remoti quando gli alberi popolati dalle Driadi dovevano essere abbattuti, fosse usanza convocare i Sacerdoti, che dovevano allontanare la creatura perché trovasse accoglienza in una nuova pianta, e non potesse essere ferita dalla scure.
Le Driadi possono quindi lasciare la loro casa e trovarne una nuova, mentre le Amadriadi (così ci dice Ovidio) morivano con l’albero stesso.
La distinzione potrebbe risultare più semplice, vista sotto la semplice prospettiva umana e mentale: le Driadi potevano rappresentare per l’uomo l’ultima possibilità di giustificare a se stesso un atto nefasto nei confronti della pianta, ed il loro allontanamento rituale lasciava intendere un’accettazione tacita da parte dell’albero di morire; mentre le Amadriadi erano semplicemente la voce della sua coscienza, che gli rammentava che comunque, per qualsiasi ragione, stava commettendo un errore irrimediabile, e non sarebbe stato perdonato.

* Cfr. Fred Hageneder, Lo Spirito degli Alberi, Crisalide, Spigno Saturnia (LT), 2001, p. 139

Fonti

Le metamorfosi, Ovidio
Lo Spirito degli Alberi, Fred Hageneder, Crisalide, Spigno Saturnia (LT), 2001
Entità Fatate della Padania, Alberta Dal Bosco e Carla Brughi, Edizioni della Terra di Mezzo, Milano, 2001
Madre Sambuco, fiaba di Hans Christian Andersen, 1845.

Immagine di Cannibol – Deviantart

Articolo scritto da LaZiaArtemisia. Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell’autrice e senza citare la fonte.

 

 
antpoma

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